La riforma dello sport, spiegata

La riforma dello sport, spiegata

Dal 2023 partono nuove regole per circa 750mila lavoratori del mondo dello sport: quali sono le novità della riforma

La riforma del lavoro sportivo, modificata dal Governo Draghi lo scorso 29 settembre entrerà in vigore dal 2023. Come detto dal sottosegretario con delega allo Sport Valentina Vezzali avrà un impatto su circa 750mila lavoratori e 60mila datori di lavoro operanti nel settore sportivo. La parte più importante del provvedimento, il decreto legislativo 36/2021 è il riconoscimento di una tutela sia assicurativa che previdenziale per gli operatori del settore in caso di maternità per atlete e per istruttrici, come anche la malattia e gli infortuni.

Nasce la categoria dei lavoratori dello sport

Dal 1° Luglio, di fatto, esisteranno lavoratori che operano nelle società sportive professionistiche o società sportive dilettantistiche, dietro un corrispettivo. Non esisterà più la figura dell’amatore (che inizialmente era prevista dal Dlgs 36/2021), ma potranno collaborare con gli enti sportivi volontari solo a titolo gratuito con la possibilità di ricevere solo rimborsi spese.

Dal 2023 anche i tesserati possono rientrare tra i lavoratori sportivi a condizione che eseguano attività atte all’espletamento dell’attività sportiva, identificabili per esempio da delibere federali, escluse quelle di carattere di carattere amministrativo-gestionale. In questa segmento rientrerebbero pertanto i manager, gli osservatori, gli addetti agli arbitri e data analyst, così come le nuove figure professionali che dovessero affermarsi in futuro.

Nella pratica chi opera nel settore sportivo potrà essere qualificato come lavoratore subordinato, autonomo o co.co.co. Di norma nelle società sportive professionistiche l’ambito di qualifica sarà quello di un rapporto di lavoro subordinato, salvo eccezioni: ad esempio chi pratica sport e non ha il vincolo di frequenza delle sedute di allenamento o la sua prestazione contrattuale non sia maggiore di otto ore settimanali o di cinque giorni al mese (30gg all’anno) il rapporto è di lavoro autonomo e non subordinato. Ad ogni modo, il contratto non potrà essere a termine per più di 5 anni. 

Per quanto riguarda l’ambito dilettantistico, invece, la riforma dello sport applica un criterio temporale: l’ambito di lavoro sarà quello degli autonomi o co.co.co. se la durata della prestazione lavorativa, in coerenza con i regolamenti federali e degli organi riconosciuti, non superi le 18 ore settimanali (ad esclusione del tempo dedicato alle manifestazioni sportive).

La riforma dello sport: vincolo e Apprendistato per i vivai

Per rendere più agevole la cura dei vivai e la formazione, sia le società sportive professioniste che quelle dilettantistiche potranno stipulare contratti di apprendistato con ragazzi a partire dall’età di 15 anni (non più dai 18 anni) e fino a 23 anni.

Specialmente per gli atleti più giovani viene eliminato l’istituto del vincolo sportivo dalla prossima stagione (dal 1° luglio 2023). Al termine dell’annata, pertanto, il tesseramento per un club o una squadra non avverrà più in modo automatico, ma deve essere esplicitato il volontario rinnovo.

Questo potrebbe comportare per le società, in special modo per i settori giovanili, la perdita dei migliori talenti, vanificando di fatto tutti gli sforzi compiuti per formarli e allevarli alla disciplina sportiva. Per far fronte a questo scenario, è previsto che si possa assegnare loro un premio di formazione tecnica contestualmente alla firma del primo contratto di lavoro sportivo del giovane atleta la cui entità è appannaggio delle federazioni. Circa l’entrata in vigore di questa novità diversi operatori del settore stanno richiedendo altro tempo. Ad esempio Gianni Petrucci, presidente della Federbasket ha chiesto che la norma possa essere rinviata a luglio 2025 con l’assicurazione di un regime transitorio della durata di due stagioni. E in generale, sempre Petrucci, auspica che le altre novità riguardanti il lavoro sportivo possano entrare in vigore non a metà stagione, come è attualmente previsto, ma al termine, ovvero dal 1° luglio 2023.

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Cosa succede alle Società dilettantistiche

Le società sportive dilettantistiche avranno la possibilità di svolgere attività “diverse, secondarie e strumentali” solo però se esplicitamente previste dal loro statuto ed entro dei paletti quantitativi che saranno individuati e stabiliti attraverso un decreto successivo. 

Gli incassi che derivano da accordi di sponsorizzazione, promopubblicitari, cessione dei diritti e delle indennità associate alla formazione degli atleti e dalla gestione di strutture ed impianti sportivi non possono rientrare nei limiti massimi previsti dalle attività considerate “diverse”.

Questo però a patto che non si tratti di realtà dilettantistiche che godono dell’agevolazione fiscale legate alla “de-commercializzazione” dei corrispettivi incassati da tesserati e/o soci (ad esempio il pagamento delle rette o delle quote associative) che non possono effettuare la distribuzione degli utili. In questo caso la riforma prevede che le società sportive in tale tipologia possano ripartire massimo il 50% degli utili che hanno prodotto e fino all’80% per le società che gestiscono impianti sportivi e piscine.

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