Il 20 settembre 2023 segna un’epoca per lo sport italiano con l’inclusione dello sport nella Costituzione. Le implicazioni e le prospettive.
Il 20 settembre 2023 sarà ricordato come una data epocale nella storia dello sport italiano. In quella giornata, la Camera dei deputati ha adottato all’unanimità una modifica costituzionale, inserendo lo sport nella Costituzione italiana. Questo importante passo sottolinea il riconoscimento del valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme. In questo articolo, esploreremo le implicazioni di questa modifica e le prospettive che si aprono per il mondo dello sport in Italia.
La Camera dei deputati – Aula Palazzo Montecitorio
Il Riconoscimento di un Valore Profondo
Il cuore di questa modifica costituzionale è espresso nel nuovo comma aggiunto all’articolo 33 della Costituzione italiana. Esso sottolinea che “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”. Questo riconoscimento rappresenta molto più di una mera dichiarazione formale. Esso simboleggia il profondo impegno del nostro paese nei confronti dello sport come strumento di crescita individuale e collettiva.
Lo sport, da sempre considerato un elemento fondamentale nel tessuto sociale italiano, trova ora un posto d’onore all’interno dei principi costituzionali. Questo significa che lo sport non è più visto come un semplice passatempo, ma come un elemento chiave nella formazione dei cittadini e nella costruzione di una società più sana e coesa. Si riconosce che l’attività sportiva non riguarda solo gli atleti di élite, ma tutti coloro che desiderano praticarla, indipendentemente dall’età o dalle capacità.
L’inclusione dello sport nella Costituzione è solo l’inizio di un percorso più ampio. Mentre il riconoscimento del valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva è un passo significativo, ora è necessario tradurre questo riconoscimento in azioni concrete. Questo richiederà un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle organizzazioni sportive e della società civile.
Un aspetto cruciale sarà l’accessibilità allo sport. Il riconoscimento costituzionale implica la necessità di garantire che lo sport sia accessibile a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalle loro circostanze economiche o geografiche. Ciò potrebbe tradursi in politiche pubbliche mirate a promuovere la pratica sportiva nelle scuole, nelle periferie urbane e sociali e tra le persone con disabilità.
Inoltre, sarà importante creare un quadro giuridico che supporti lo sviluppo dello sport in tutte le sue forme, dallo sport di base all’alto livello. Questo potrebbe includere incentivi fiscali per gli investimenti nello sport, la promozione di infrastrutture sportive e l’adozione di leggi per la tutela dei diritti degli atleti.
Il servizio studi della Camera ha evidenziato che attualmente la promozione dello sport è garantita nelle Costituzioni di altri nove paesi dell’Unione Europea, tra cui Bulgaria, Croazia, Grecia, Lituania, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna e Ungheria.
Conclusioni
Il riconoscimento dello sport nella Costituzione italiana è un passo storico che sottolinea l’importanza dello sport nella nostra società. Questo nuovo articolo rappresenta un impegno a promuovere il benessere psicofisico, l’educazione e l’integrazione sociale attraverso l’attività sportiva. Tuttavia, ora è fondamentale trasformare questo riconoscimento in azioni concrete che garantiscano l’accesso allo sport per tutti i cittadini italiani. Il futuro dello sport in Italia è più luminoso che mai, e spetta a noi sfruttare questa opportunità per creare una società più sana, inclusiva e coesa attraverso lo sport.
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La Saudi Pro League, Il nuovo campionato di calcio saudita supportato da un budget di 17 miliardi di euro. Le ambizioni calcistiche dell’Arabia Saudita, gli investimenti in giocatori di alto livello e il focus sulla crescita dei talenti locali, tutto ciò che c’è da sapere sulla lega che vuole rivoluzionare il calcio internazionale.
La Saudi Pro League è il nuovo volto del calcio saudita, un campionato che sta attirando l’attenzione di tutto il mondo calcistico grazie a enormi investimenti e ambizioni senza precedenti. Con un budget di 17 miliardi di euro stanziato dal governo saudita, la lega mira a diventare una delle principali competizioni calcistiche del pianeta entro il 2030. L’Arabia Saudita, notoriamente legata al calcio e al suo sviluppo, sta facendo di tutto per trasformarsi in una potenza calcistica internazionale, sfruttando esigenze economiche e politiche per raggiungere il traguardo ambizioso.
Il calcio, da sempre uno sport che unisce le persone e un mezzo per il soft power, sta assumendo un ruolo di primo piano anche nell’agenda politica e diplomatica del paese. Il governo saudita ha visto il potenziale del calcio come una forma di “soft power” per migliorare la reputazione internazionale del paese e stabilire rapporti positivi con altre nazioni. Di conseguenza, ha destinato ingenti risorse finanziarie al calcio, con la Saudi Pro League come punta di diamante di questa strategia.
Saudi Pro League: Il boom degli investimenti e le quattro squadre “ammiraglie”
Il calcio saudita è diventato il nuovo paradiso dei calciatori di alto livello, con club ben finanziati che stanno effettuando acquisti importanti da tutto il mondo. Grazie al Player Acquisition Center of Excellence (PACE), un ufficio creato dalla lega per gestire e coordinare gli investimenti, le squadre saudite stanno riuscendo ad attirare i migliori talenti internazionali.
Quattro squadre in particolare, conosciute come le “squadre ammiraglie” del calcio saudita, hanno catturato l’attenzione del mondo del calcio: Al-Ittihad e Al-Ahli di Gedda, e Al-Nassr e Al-Hilal di Riyad. Queste quattro squadre hanno una storia ricca e sono tra le più vittoriose e tifate del paese. Nel giugno scorso, sono state acquisite dal Public Investment Fund (PIF), il fondo sovrano nazionale dell’Arabia Saudita, diventando di fatto di proprietà dello Stato.
Questi club hanno utilizzato il loro sostegno finanziario per portare in squadra alcuni dei calciatori più celebri del mondo. La notizia del trasferimento di Cristiano Ronaldo all’Al-Nassr lo scorso anno ha fatto scalpore, attirando l’attenzione di tutto il mondo del calcio. Ma non è finita qui: giocatori come Marcelo Brozovic dall’Inter e Sadio Mané dal Bayern Monaco sono stati anch’essi ingaggiati dalla stessa squadra. Al-Hilal, l’altra squadra di Riyad, ha attirato nomi di spicco come Kalidou Koulibaly e Sergej Milinkovic-Savic.
Regole sui giocatori stranieri e il focus sui calciatori locali
Per garantire una crescita sostenibile e una maggiore competitività del campionato, la Saudi Pro League ha stabilito alcune regole riguardanti i giocatori stranieri. Dal 2022, ogni squadra può registrare fino a otto calciatori stranieri a stagione e convocarne al massimo sette per le partite di campionato. Questa regolamentazione mira a garantire una presenza significativa di talenti internazionali, senza tuttavia escludere i giovani calciatori locali.
L’obiettivo di sviluppare il talento locale è una delle priorità della Saudi Pro League. Per questo motivo, il campionato ha ridotto l’età minima per giocare tra i professionisti da 18 a 16 anni. Inoltre, dal 2025, le squadre saranno obbligate ad avere in rosa almeno dieci giocatori con meno di ventidue anni, che non necessariamente devono essere sauditi.
Questa iniziativa mira a creare una base solida di giovani calciatori, offrendo loro maggiori opportunità di crescita e sviluppo all’interno del campionato. Attraverso programmi di formazione e scouting mirati, il calcio saudita sta cercando di creare una nuova generazione di talenti locali pronti a rappresentare il paese a livello internazionale.
Gli allenatori stranieri e il ruolo di Jorge Mendes nella Saudi Pro League
Con il desiderio di elevare ulteriormente il livello delle squadre e sviluppare una cultura calcistica di alto livello, la Saudi Pro League ha scelto di ingaggiare allenatori stranieri di esperienza. Da quando gli allenatori sauditi hanno ceduto il posto a tecnici stranieri, il campionato ha visto una notevole crescita in termini di tattiche, strategie e qualità del gioco.
Sei dei sette allenatori delle squadre del campionato attuale sono portoghesi, grazie anche al ruolo influente di Jorge Mendes. L’agente di calciatori più famoso e potente al mondo ha stretti legami con i dirigenti del campionato e ha giocato un ruolo chiave nell’approccio di questi allenatori al calcio saudita. Tali nomi di spicco stanno apportando un contributo significativo all’evoluzione della Saudi Pro League, trasformandola in una competizione sempre più competitiva e affascinante.
Crescita delle entrate commerciali e ascesa dei diritti televisivi
La Saudi Pro League sta cercando di diventare una forza economica oltre che calcistica. Una delle principali aree di interesse è la crescita delle entrate commerciali, in particolare i diritti televisivi. Finora, il campionato ha ottenuto entrate limitate da questa fonte, ma la curiosità generata dai recenti investimenti sta portando ad un aumento dell’interesse da parte degli spettatori e dei broadcaster.
La lega sta lavorando per sviluppare un modello di business più sostenibile e redditizio, al fine di garantire la crescita a lungo termine del campionato. Questo coinvolge la creazione di partnership commerciali strategiche, accordi di sponsorizzazione e una migliore gestione dei diritti televisivi. Con una base di tifosi in costante crescita e una competizione sempre più avvincente, la Saudi Pro League ha tutte le carte in regola per diventare una delle principali fonti di intrattenimento sportivo a livello internazionale.
La Saudi Pro League è in procinto di rivoluzionare il calcio internazionale, con ambizioni di diventare uno dei principali campionati al mondo entro il 2030. Sostenuta da ingenti investimenti governativi e con l’obiettivo di competere con le principali competizioni europee e sudamericane, la lega ha attirato i migliori calciatori internazionali, aumentando la competitività e l’interesse a livello globale.
Con un focus particolare sulla crescita dei talenti locali, la Saudi Pro League mira a creare una solida base di giovani calciatori pronti a rappresentare il paese a livello internazionale. Con l’apporto di allenatori stranieri esperti e il supporto di influenti figure come Jorge Mendes, la lega sta rapidamente evolvendo in una competizione tatticamente avanzata e tecnicamente raffinata.
Mentre continua a svilupparsi, la Saudi Pro League si impegna anche a migliorare la sostenibilità economica e la redditività del campionato, sfruttando il crescente interesse da parte degli spettatori e degli investitori. Con tutto ciò, il campionato saudita si sta rapidamente affermando come un attore di spicco nel mondo del calcio, promettendo di offrire un futuro entusiasmante e ricco di opportunità per il calcio saudita e gli appassionati di tutto il mondo.
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Assomiglia parecchio al basket ed è famoso per essere una competizione mista. Uno sguardo al korfball, e come si gioca.
In questi ultimi anni stanno aumentando quelle che vengono chiamate competizioni sportive miste, ovvero quelle gare in cui maschi e femmine gareggiano insieme. Pensiamo ad esempio all’interesse mostrato dal Comitato Olimpico internazionale per le gare a staffetta mista (anche se per ora non si sono concretizzate gare ufficiali e gli atleti continuano a gareggiare in due competizioni differenti, maschi con maschi e femmine con femmine). Tuttavia qualcosa sembra stia cambiando su questo fronte, e il cambiamento sembra essere incoraggiato da quegli sport in cui femmine e maschi gareggiano davvero insieme, regalando anche uno spettacolo di ottimo livello. Per esempio nel nuoto artistico, nel doppio misto nel tennis, nel pattinaggio di figura o nella vela.
Ciò che è però raro è che maschi e femmine gareggino insieme in uno sport di squadra e di contatto. Questo sembra succedere solo ed esclusivamente nel korfball. Andiamo a scoprire questo sport.
Come nasce il korfball
Il korfball nasce in Olanda e, anche se non si direbbe, è uno sport con più di 100 anni di vita. Il New York Times lo presenta così: “uno degli sport meno conosciuti al mondo, ma anche fra i più progressisti”.
Il korfball fu ideato nel 1902 da Nico Broekhuysen, un insegnante di Amsterdam. Il professore stava cercando uno sport di squadra in cui alunni e alunne potessero giocare e, se possibile, competere insieme. Broekhuysen si ispirò al Netball, una variante del basket un po’ meno fisica e di contatto rispetto alla pallacanestro tradizionale, che combinò con un gioco svedese che prevedeva un grosso anello messo su un palo alto 3 metri dove maschi e femmine giocavano insieme.
Broekhuysen sostituì un anello dell’originale gioco svedese con un elemento simile ad un canestro (Il nome deriva dalla parola “korf” che in olandese significa “cestino”) in modo tale da rendere più semplice capire quando veniva segnato un punto, semplificò molto le regole dei giochi ai quali si era ispirato rendendolo giocabile anche da bambini.
In Olanda e in Belgio il korfball ebbe una discreta diffusione. Inizialmente fu considerato prevalentemente come uno sport dimostrativo. Tant’è che nel 1920 alle Olimpiadi di Anversa, in Belgio, parteciparono solo due squadre entrambi olandesi. Otto anni dopo ai giochi olimpici di Amsterdam del 1928 parteciparono squadre miste e fu considerato uno sport dimostrativo e non ufficiale.
Attualmente esistono circa settanta federazioni nazionali e si stima sia uno sport praticato da circa un milione di persone per la maggior parte tra Paesi Bassi e Belgio dove i professionisti del korfball in quelle zone riescono anche a guadagnare più di tremila euro al mese.
Il korfball si può praticare sia al chiuso che all’aperto (esiste anche una variante per praticarlo in spiaggia) e si gioca su campi rettangolari larghi 20 metri e lunghi 40. La squadra è formata da otto giocatori con quattro giocatrici e quattro giocatori per ogni squadra. L’obiettivo del gioco è lanciare la palla e fare canestro, che è posizionato sopra un palo alto tre metri e mezzo (nel basket il canestro è quasi mezzo metro più in basso) senza tabellone retrostante. La palla sembra essere più simile a quella di calcio o pallavolo più che ad una da basket.
Nel korfball i punti si chiamano “gol” come nel calcio e il canestro vale sempre un gol (non esiste il tiro da due o da tre come nella pallacanestro). Altra notevole differenza con il basket è che i canestri non sono posizionati a fine campo ma circa a due terzi, consentendo quindi di poter fare gol anche stando dietro al canestro.
Il gioco prevede due fasi ben distinte relative all’attacco e alla difesa. Non è possibile palleggiare e chi ha la palla non può fare passi o dribblare in quanto l’obiettivo principale è quello di smarcarsi con il movimento senza palla e tirare con più precisione possibile. Per dirla come la Federazione italiana korfball, fondata nel 2003 il korfball presuppone “un contatto fisico contenuto” e richiede “ampia destrezza e gioco di squadra”
Dove può arrivare il korfball
Come ha scritto il New York Times in un suo recente articolo non è facilissimo trovare il giusto equilibrio in un gioco di squadra in cui c’è parità di genere, anzi addirittura c’è chi lo ritiene un problema. Questo perché le dinamiche del gioco portano in genere le femmine a marcare le femmine e i maschi a marcare i maschi. Altri invece ritengono che il korfball riesca tutto sommato a raggiungere un buon equilibrio. Inoltre, sempre secondo il New York Times, sembrerebbe che il gioco si stia pian piano evolvendo. Se prima le femmine si dedicavano prevalentemente agli assist ed erano i maschi a fare i gol ora invece i ruoli sembrano interconnessi con il risultato di una maggiore integrazione e complessità delle dinamiche del gioco. Ricordiamo che il korfball deriva molto dal basket, dove tattiche e schemi sono molto importanti ai fini della vittoria.
L’obiettivo dichiarato del korfball è, come molti altri sport minori, quello di arrivare alle Olimpiadi. Certamente il maggiore vantaggio che offre è quello di promuovere l’assoluta parità di genere, mentre a suo sfavore gioca il fatto di essere per il momento praticato prevalentemente nei Paesi Bassi e in Belgio dove nelle partite clou riesce ad avere alcune migliaia di spettatori. Altrove però è ancora poco noto.
Il korfball è dagli anni ottanta uno degli sport praticati nei World Games, una manifestazione internazionale multisportiva con discipline non olimpiche e ad ottobre di quest’anno si terranno a Taiwan i Mondiali di korfball.
Non sappiamo se il korfball avrà un grosso seguito anche in Italia…nel frattempo, come per il pickleball, (altro sport interessante, ne avevamo parlato diffusamente qui) Wansport è già pronto per gestirlo!
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Siamo ancora agli inizi ma già si intravedono le tracce di una rivoluzione che cambierà il nostro modo fare e di fruire lo sport: parliamo di intelligenza artificiale
Da una manciata di anni a questa parte il progresso e le innovazioni tecnologiche stanno cambiando le nostre abitudini e il nostro modo di vivere nella società. Piattaforme digitali, app, dispositivi tecnologici, wearable (dispositivi indossabili come smartwatch) scandiscono quotidianamente le nostre routine, ci forniscono strumenti di intrattenimento, monitorano il sonno, le nostre performance sportive, sono luoghi virtuali di incontri e scambi ecc.. L’utilizzo di questi strumenti ha come conseguenza la produzione e l’immagazzinamento di una mole inimmaginabile di dati di profilazione, spesso senza che l’utente ne sia totalmente consapevole. Uno smartwatch che monitora il sonno, ad esempio, conserva nei suoi server i dati raccolti dal primo giorno di utilizzo, lo smartphone traccia e registra i tuoi movimenti, le piattaforme di intrattenimento ti suggeriscono dei contenuti sulla base dei tuoi gusti esaminati grazie alle tue scelte precedenti.
Tutti questi dati immagazzinati alimentano gli ecosistemi tecnologici alla base dell’IA, Intelligenza Artificiale.
Cos’è l’intelligenza artificiale?
Alla base dell’intelligenza artificiale c’è l’intenzione di assimilare i comportamenti dell’intelligenza umana per inserirli in sistemi hardware e software per fornire alle macchine caratteristiche tipicamente umane come riconoscere oggetti, valutare situazioni e prendere decisioni, guidare automobili, studiare strategie di marketing e molto molto altro.
La particolarità è che tutto questo viene fatto in totale autonomia dell’intelligenza artificiale senza che l’uomo debba intervenire attivamente. L’intelligenza artificiale è in grado di fare ciò perché, grazie all’analisi dell’enorme quantità di dati di cui può disporre su abitudini, acquisti, ecc., apprende e prevede comportamenti e aspettative.
Oggi l’intelligenza artificiale è dappertutto: sui nostri cellulari, sui nostri pc, tablet, automobili, piattaforme streaming, assistenti vocali ecc. Nella sport industry l’AI ha avuto sin da subito un impatto molto importante e non è difficile capirne il motivo: l’abbondanza dei dati di cui si dispone la rendono un terreno estremamente fertile per sviluppare tale tecnologia.
Ad oggi l’AI nello sport viene impiegata in diverse applicazioni:
Scouting and recruiting: viene utilizzata nella valutazione del potenziale di un atleta stimando il suo valore di mercato e contemporaneamente fornisce supporto alle società sportive per prendere le migliori decisioni sull’opportunità o meno di acquistare le sue prestazioni sportive.
Training and coaching: durante le sessioni di allenamento l’AI fornisce agli atleti, al coach e ai preparatori supporto per monitorare le condizioni fisiche e le performance suggerendo il training migliore per specifico atleta in modo da preparare il match nel modo migliore
Media and fan experience: assistenti virtuali come chatbot che rispondono alle domande dei fan su competizioni, ticketing, statistiche, parcheggio nei pressi dello stadio ecc. La stessa AI può inoltre monitorare e registrare i picchi di reazione del pubblico e grazie a ciò riesce a montare in autonomia video con gli highlights più interessanti
Broadcasting: si tratta di tutto quello che viene messo in campo per fornire al tifoso la migliore esperienza di fruizione di un evento live. L’AI seleziona le migliori inquadrature per fornire una visione più immersiva. Inoltre questa tecnologia viene usata per fornire live allo spettatore i dati delle performance, calcolati ed esposti in tempo reale come il numero di passaggi effettuati o i km percorsi durante la partita.
Questi progressi non sono certo da considerare il punto di arrivo ma solo l’inizio di quello che si prospetta essere un’autentica rivoluzione. Perché l’AI è in continua evoluzione e le sue applicazioni si moltiplicano in tempi rapidissimi. Questa tecnologia è davvero in continua evoluzione, i dati raccolti crescono esponenzialmente, i costi si abbassano e la fruizione diventa sempre più accessibile. Senza parlare della potenza di calcolo di cui le intelligenze artificiali possono disporre e che aumentano a distanza di pochissimo tempo permettendo loro di evolversi e di svilupparsi sempre di più.
Gli effetti migliorativi nello sport hanno una portata davvero notevole.
Raccogliere dati sulle sessioni di allenamento o durante il match, confrontarli con dati storici o con benchmark del passato, analizzarli insieme ad esperti. Tutto questo finisce per definire strategie di gioco e training sempre più accurate ed efficaci.
Inutile dire che questo aiuta anche il lavoro degli allenatori e dei tecnici che avranno più parametri a disposizione per definire e giudicare le preparazioni dei singoli atleti. L’AI inoltre può essere configurato come un vero e proprio assistente virtuale in grado di analizzare in tempo reale le tattiche di gioco avversarie e di proporre contromisure. Grazie all’analisi dei dati, infatti, l’AI è in grado di prevedere quali giocatori potrebbero in quello specifico momento essere risolutivi nella partita e quando. Tutto questo analizzando enormi dati che vengono prodotti e analizzati in tempo reale. Nel campionato americano di NFL questo succede già.
Questa modalità di analisi è, con ogni probabilità, in grado di scoprire intuizioni strategiche “sovraumane” o fornire ai direttori sportivi delle società delle dritte molto interessanti per differenziare la campagna acquisti. O può sostituirsi ad un procuratore come fece nel 2021 Kevin De Bruyne, forte centrocampista del Manchester City, che si avvalse di un team di data analyst per ridiscutere il suo rinnovo contrattuale.
L’AI cambierà anche il modo di interagire con il pubblico
Il modo in cui lo spettatore fruirà del prodotto sportivo potrebbe in un prossimo futuro subire variazioni che non riguardano solo alcune sovrimpressioni con statistiche sui Km svolti dall’atleta o il numero di punti o passaggi riusciti come avviene ora. L’idea è quella di fornire al fan un’esperienza del tutto personalizzata che in un certo senso possa adattarsi al risultato o alle aspettative del tifoso. In termini pratici questo significa che sarà possibile proporre dei prodotti o servizi commerciali basandosi sul “sentiment” dei tifosi, monitorandolo in tempo reale: se la squadra o l’atleta preferito sta vincendo è probabile che il mio “mood” sia positivo e forse più propenso ad acquistare un prodotto, di contro se le cose non vanno benissimo per la mia squadra o atleta del cuore magari posso essere “consolato” con una promozione o un forte sconto consolatorio.
Come mostrato nella infografica, possiamo dividere le fasi in Pre-Game, In-Game e Post-Game.
Una infografica sulle fasi degli interventi dell’AI in ambito sportivo – Wansport Blog
Fase Pre-Game
Come già spiegato ad inizio articolo l’AI interverrà nella fase “Pre-Game” nel processo di “training & coaching” attraverso il monitoraggio e la reportistica delle performance dell’atleta e del suo stato di forma, fornendo all’allenatore info sulle prestazioni e consigli tecnico-tattici per una migliore strategia di gioco.
Fase In-Game
Durante il match l’intelligenza artificiale diventa un partner indispensabile dei giudici di gara con sistemi di assistenza all’arbitraggio (VAR, Gol Line Technology, Fuorigioco semiautomatico, occhio di falco ecc. ecc.) e un partner del coach con statistiche ed elaborazioni in real time di strategie adattive e suggerimenti di nuove soluzioni tattiche.
Fase Post-Game
A gara terminata l’intelligenza artificiale è usata per ottimizzare e rendere più permeabile ed efficace l’interazione con i fan, con la creazione di contenuti a loro dedicati, highlights automatiche e in generale un sistema di intrattenimento che tenga conto del sentiment attuale così da risultare più memorabile ed efficace.
L’intelligenza artificiale applicata allo sport non ha faticato a trovare immediatamente applicazioni pratiche alle società sportive, agli arbitri e al marketing.
L’AI offre quindi moltissime opportunità in ambiti anche molto diversi fra loro. Capire dove stiamo andando e cercare di svelare il futuro di questa tecnologia rivoluzionaria è attualmente un compito piuttosto arduo.
Grandi storie di sport sono costellate di decisioni sotto pressione, grandi errori strategici o di valutazione, che oltre a rendere le partite uniche e memorabili, rappresentano anche un fattore di engagement importantissimo per i fan, sia in positivo che in negativo: le sconfitte sono emozionati al pari delle vittorie, dopotutto. Insomma, lo sport appassiona perché è una pratica umana che più umana non si può. Se l’AI in futuro suggerirà decisioni sempre perfette c’è forse il concreto rischio che non si provi più entusiasmo o frustrazione e che lo sport diventi una pratica fredda e poco coinvolgente?
E’ difficile rispondere, probabilmente il segreto sta nel trovare un giusto equilibrio ma solo il tempo e le esperienze potranno fornirci una risposta.
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Uno sprone per chi si avvicina ad una disciplina sportiva e per chi già lo pratica e, a volte, è tentato di mollare.
Chiunque abbia mai gareggiato o partecipato ad una maratona o ad una mezza maratona, avrà con ogni probabilità visto gruppi di persone che correva spingendo altri in carrozzella. Una manciata di anni fa balzò agli onori della cronaca il podista siciliano Vito Massimo Catania per essere stato insignito dal Presidente della Repubblica Sergio Matterella del titolo di “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana” con la seguente motivazione, che potete trovare anche sul sito ufficiale del Quirinale:
“Vito Massimo Catania, 39 anni – Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per il suo generoso impegno nella sensibilizzazione sul tema delle barriere architettoniche e sociali. È un podista tesserato con l’Atletica Regalbuto. Nel 2014 ha vinto l’Etnatrail di 64 Km; nel 2016 la Super maratona dell’Etna.
Da un paio di anni ha deciso di smettere di gareggiare. Da allora mette a disposizione le sue gambe e polmoni a chi non ha la possibilità di poter correre permettendo ai disabili di vivere l’esperienza della corsa. Sensibilizza così gli sportivi e il pubblico sulla vita dei disabili, vittime delle barriere architettoniche e sociali.”
Anche solo il nome sembra ricordare quello di un Gladiatore. Il runner siciliano non è “solo” un atleta di grande talento e di successo. Da ormai 5 anni Vito Massimo ha messo da parte l’agonismo individuale per consegnare gambe, testa e cuore al servizio dell’inclusione di persone con disabilità. Non molto tempo fa festeggiato il 50esimo chilometro corso insieme alla sua grande amica Giusi La Loggia, costretta in una sedia a rotelle per una atassia, una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale che intacca la coordinazione muscolare.
Ma Vito Massimo non è solo in questo. Ci sono molti atleti che hanno scelto la via dell’inclusione sportiva senza essere campioni. A Rimini, in occasione della Rimini Marathon ogni anno si tiene il raduno nazionale dei cosiddetti “spingitori”, ovvero quelle persone che hanno deciso di far vivere l’emozione della corsa a chi non può praticarla.
Vito Massimo Catania con Giusi La Loggia
La crescita dello sport come inclusione: 5 esempi di (grandi) atleti
Sono davvero molte le realtà che dimostrano ogni giorno che lo sport può essere un veicolo di inclusione, anzi probabilmente lo strumento principale. Nel mondo ci sono molte organizzazioni no profit che insieme ad atleti normodotati, si dedicano alla valorizzazione degli atleti con disabilità in molte discipline.
Il reale obiettivo di queste realtà non è tanto quella di dare la possibilità di fare attività sportiva, o almeno non solo. Il reale intento è quello di combattere gli stereotipi negativi sulle persone con disabilità erroneamente etichettate in base alle loro abilità e alla loro intelligenza motoria.
Craig De Martino mentre ci dimostra che nulla è impossibile – Wansport Blog
A tal proposito è estremamente interessante la testimonianza dello scalatore britannico Paul Pritchard, affetto da emiparesi a seguito di un grave incidente durante un’arrampicata. Nel corso di una intervista ha dichiarato: “Chi è disabile non è affatto incapace. La società pone delle barriere di fronte al disabile perché tutti noi siamo abituati a vivere la vita in modo veloce. Ma da quando sono costretto a muovermi più lentamente noto una miriade di cose che prima non vedevo. Ho affinato la mia capacità di distinguere il carattere delle persone e credo di aver imparato che con il giusto aiuto tutti possano riuscire a fare delle cose sorprendenti”.
El Capitain, Yosemite National Park
L’arrampicata, forse per il significato intrinseco che custodisce, è uno sport molto praticato tra le persone con disabilità. E lo è da molto tempo con risultati sportivi e di inclusione davvero notevoli. Siamo nel 1989 e Mark Wellman fu il primo scalatore paraplegico a scalare la mitica parete di El Capitan in California. Oggi spicca il nome di Craig de Martino che, a causa di un terribile incidente nel 2002 ha subito l’amputazione di una gamba e scala le cime di mezzo mondo.
Fermamente deciso a non rinunciare alla sua più grande passione dopo un lunghissimo ed estenuante lavoro di riabilitazione, nel giugno del 2021 è riuscito a scalare El Capitan insieme a Jerem Frye e a Pet Davis, scalatori anch’essi disabili. Fin dall’inizio dell’inizio della sua nuova vita Craig non ha limitato la sua azione solo per perseguire obiettivi e performance personali, ma ha creato e dato continuità a molte iniziative che avevano come scopo l’inclusione degli atleti con disabilità.
In Italia ci sono diverse associazioni che coinvolgono scalatori con disabilità di diverso tipo. A Torino, ad esempio, esiste l’iniziativa ConTatto Verticale che, nata da Carla Galletti e Pietro dal Prà due istruttori di arrampicata per non vedenti, prevede un’intera giornata dedicata alla community dei climber coinvolta in azioni e arrampicate. Insieme a persone non vedenti scalano la parete imparando a guidarle e a diventare i loro occhi, aiutandoli a visualizzare appoggi e appigli.
L’arrampicata, contrariamente a quanto si possa pensare, è uno sport che rispetto a tutti gli altri riesce meglio a valorizzare le capacità sensoriali più sviluppate nelle persone con deficit alla vista. Amplifica la concentrazione e le sensazioni e per tale motivo risulta un tramite perfetto di inclusione sportiva.
Altra disciplina molto apprezzata da persone non vedenti è lo sci.
Negli Stati Uniti esiste l’ABSF (American Blind Skiing Foundation) l’associazione d’inclusione sportiva di riferimento. Mentre in Italia c’è Il Gruppo Verbanese Sciatori Ciechi, nato nel 1982 grazie ad una iniziativa del CAI Verbania e del Lions Club ed è affiliato al C.I.P. (Comitato Italiano Paralimpico).
I metodi di insegnamento sono analoghi un po’ dappertutto: all’inizio, ogni sciatore conosce, principalmente con il tatto, i materiali che dovrà utilizzare e inizia a percepire il proprio corpo sugli sci e sulla neve. L’inclusione sportiva inizia dalle prime discese, dove l’atleta è in prima fase supportato da due guide, e solo quando ha raggiunto un buon grado di autonomia, viene affidato a un unico istruttore.
Lo sci è una disciplina in cui si cimentano con successo molte persone non vedenti
La comunicazione tra istruttore e sciatore avviene via radio dove l’istruttore comunica le indicazioni sul grado di difficoltà della discesa o del percorso, le curve e la presenza di potenziali ostacoli.
Grazie a queste iniziative le persone non vedenti posso raggiungere risultati eccellenti. Ad esempio l’atleta Millie Knight, ipovedente e membro della nazionale paralimpica britannica ha vinto l’oro alle olimpiadi invernali di Pyeongchang, raggiungendo la non banale velocità di 115 km/h nonostante riesca a vedere solo a due metri da sé.
Anche le guide hanno storie notevoli da raccontare. Rob Umstead, marito di Danelle Umstead, sciatrice paralimpica della nazionale americana ha detto: “Il mio lavoro è essere i suoi occhi. Si tratta, in sostanza, di pensare a voce alta e dire a lei tutto quello che accade. Se riesco a farlo al meglio e a fornirgli una buona descrizione, lei riesce ad essere aggressiva e ad anticipare tutto quello che accade. Altrimenti gli rimane immaginarsi le cose”.
Chiudiamo questo articolo con un esempio splendido che il padre di Bailey Matthews ci ha regalato e che crediamo sia l’emblema di ciò che significa inclusione sportiva.
Bailey è un bimbo inglese affetto da paralisi celebrale che all’età di 8 anni ha deciso di sfidare la sua condizione iscrivendosi al Castle Howard Triathlon nel North Yorkshire.
La gara è sostanzialmente una sorta di triathlon in miniatura. Prevede 100 metri di nuoto, 4 km di bicicletta e 1,3 km di corsa. È una performance tutto sommato semplice per un bimbo normodotato ma per il piccolo Bailey è una sfida enorme.
Questo video riprende gli ultimi difficilissimi passi prima del traguardo, dove, incoraggiato dal tifo della folla, Bailey lascia il suo sostegno e cade diverse volte prima di varcare la linea di arrivo e terminare la sua gara donandoci una straordinaria pagina di Sport.
Nella foto di copertina: Gemechis Paparella e Sergio La Forgia – Polisport Dream Team – Molfetta (Bari)
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