Articles by: Wansport

riforma dello sport

La riforma dello sport, spiegata

Dal 2023 partono nuove regole per circa 750mila lavoratori del mondo dello sport: quali sono le novità della riforma

La riforma del lavoro sportivo, modificata dal Governo Draghi lo scorso 29 settembre entrerà in vigore dal 2023. Come detto dal sottosegretario con delega allo Sport Valentina Vezzali avrà un impatto su circa 750mila lavoratori e 60mila datori di lavoro operanti nel settore sportivo. La parte più importante del provvedimento, il decreto legislativo 36/2021 è il riconoscimento di una tutela sia assicurativa che previdenziale per gli operatori del settore in caso di maternità per atlete e per istruttrici, come anche la malattia e gli infortuni.

Nasce la categoria dei lavoratori dello sport

Dal 1° Luglio, di fatto, esisteranno lavoratori che operano nelle società sportive professionistiche o società sportive dilettantistiche, dietro un corrispettivo. Non esisterà più la figura dell’amatore (che inizialmente era prevista dal Dlgs 36/2021), ma potranno collaborare con gli enti sportivi volontari solo a titolo gratuito con la possibilità di ricevere solo rimborsi spese.

Dal 2023 anche i tesserati possono rientrare tra i lavoratori sportivi a condizione che eseguano attività atte all’espletamento dell’attività sportiva, identificabili per esempio da delibere federali, escluse quelle di carattere di carattere amministrativo-gestionale. In questa segmento rientrerebbero pertanto i manager, gli osservatori, gli addetti agli arbitri e data analyst, così come le nuove figure professionali che dovessero affermarsi in futuro.

Nella pratica chi opera nel settore sportivo potrà essere qualificato come lavoratore subordinato, autonomo o co.co.co. Di norma nelle società sportive professionistiche l’ambito di qualifica sarà quello di un rapporto di lavoro subordinato, salvo eccezioni: ad esempio chi pratica sport e non ha il vincolo di frequenza delle sedute di allenamento o la sua prestazione contrattuale non sia maggiore di otto ore settimanali o di cinque giorni al mese (30gg all’anno) il rapporto è di lavoro autonomo e non subordinato. Ad ogni modo, il contratto non potrà essere a termine per più di 5 anni. 

Per quanto riguarda l’ambito dilettantistico, invece, la riforma dello sport applica un criterio temporale: l’ambito di lavoro sarà quello degli autonomi o co.co.co. se la durata della prestazione lavorativa, in coerenza con i regolamenti federali e degli organi riconosciuti, non superi le 18 ore settimanali (ad esclusione del tempo dedicato alle manifestazioni sportive).

La riforma dello sport: vincolo e Apprendistato per i vivai

Per rendere più agevole la cura dei vivai e la formazione, sia le società sportive professioniste che quelle dilettantistiche potranno stipulare contratti di apprendistato con ragazzi a partire dall’età di 15 anni (non più dai 18 anni) e fino a 23 anni.

Specialmente per gli atleti più giovani viene eliminato l’istituto del vincolo sportivo dalla prossima stagione (dal 1° luglio 2023). Al termine dell’annata, pertanto, il tesseramento per un club o una squadra non avverrà più in modo automatico, ma deve essere esplicitato il volontario rinnovo.

Questo potrebbe comportare per le società, in special modo per i settori giovanili, la perdita dei migliori talenti, vanificando di fatto tutti gli sforzi compiuti per formarli e allevarli alla disciplina sportiva. Per far fronte a questo scenario, è previsto che si possa assegnare loro un premio di formazione tecnica contestualmente alla firma del primo contratto di lavoro sportivo del giovane atleta la cui entità è appannaggio delle federazioni. Circa l’entrata in vigore di questa novità diversi operatori del settore stanno richiedendo altro tempo. Ad esempio Gianni Petrucci, presidente della Federbasket ha chiesto che la norma possa essere rinviata a luglio 2025 con l’assicurazione di un regime transitorio della durata di due stagioni. E in generale, sempre Petrucci, auspica che le altre novità riguardanti il lavoro sportivo possano entrare in vigore non a metà stagione, come è attualmente previsto, ma al termine, ovvero dal 1° luglio 2023.

Ti potrebbe interessare: Aprire un campo da Padel: Aspetti giuridici e organizzativi

Cosa succede alle Società dilettantistiche

Le società sportive dilettantistiche avranno la possibilità di svolgere attività “diverse, secondarie e strumentali” solo però se esplicitamente previste dal loro statuto ed entro dei paletti quantitativi che saranno individuati e stabiliti attraverso un decreto successivo. 

Gli incassi che derivano da accordi di sponsorizzazione, promopubblicitari, cessione dei diritti e delle indennità associate alla formazione degli atleti e dalla gestione di strutture ed impianti sportivi non possono rientrare nei limiti massimi previsti dalle attività considerate “diverse”.

Questo però a patto che non si tratti di realtà dilettantistiche che godono dell’agevolazione fiscale legate alla “de-commercializzazione” dei corrispettivi incassati da tesserati e/o soci (ad esempio il pagamento delle rette o delle quote associative) che non possono effettuare la distribuzione degli utili. In questo caso la riforma prevede che le società sportive in tale tipologia possano ripartire massimo il 50% degli utili che hanno prodotto e fino all’80% per le società che gestiscono impianti sportivi e piscine.

Wansport è già pronta per accogliere tutte le novità della riforma dello sport

tennis italiano

Il gran momento del tennis italiano

In poco meno di vent’anni il tennis maschile è passato dal punto più basso della sua storia all’essere il più promettente al mondo. Come è successo?

Il tennis è definito lo sport elitario per antonomasia: centinaia di persone nel mondo lo praticano saltuariamente, circa dieci milioni di persone lo praticano con buona regolarità e i professionisti sono poche migliaia.

Fra questi ultimi, solamente chi è tra le prime duecento posizioni nelle classifiche mondiali (sia maschile che femminile) riescono a trasformare il tennis in una professione remunerativa. Attualmente, a fine 2022, tra i primi 200 ci sono 19 italiani. E’ un dato oggettivamente impressionante soprattutto se consideriamo la storia del tennis italiano. Consideriamo che l’Italia non ha mai avuto un tennista numero 1 al mondo e consideriamo anche che un italiano non vince uno Slam (la categoria dei quattro tornei più prestigiosi al mondo) da ben 46 anni.

In generale è un dato notevole anche in senso assoluto: infatti sono pochissimi i paesi che ad oggi hanno un numero simile di tennisti nel ranking mondiale. Le altre nazioni che vantano un numero così alto sono Stati Uniti, Argentina e Francia, nazioni con una lunga e prestigiosa storia tennistica. Tuttavia nessuno di loro può vantare una qualità media così alta e soprattutto una età media così bassa. Tra i 19 italiani in top 200, dieci non hanno più di 21 anni. Nella NextGen ATP Finals c’erano Lorenzo Musetti, Mattero Arnaldi e Francesco Passaro: nessun’altra nazione è stata rappresentata da più di un tennista, l’Italia addirittura tre.

Non che sia andata benissimo, ma il tema del tennis italiano è decisamente più ampio rispetto ai singoli risultati e concerne una crescita generalizzata di tutto il movimento tennistico con enormi aspettative sul futuro.

Embed from Getty Images

L’exploit del tennis italiano è un caso?

Matthew Futterman, durante il Roland Garros del 2021 commentò sul New York Times: “Questo torneo e probabilmente anche il futuro del tennis maschile sembrano ad un tratto molto italiani”. Cercando di comprendere il motivo dell’exploit del tennis azzurro la conclusione di Futterman è che l’Italia non avesse “nessuna idea” di cosa l’abbia portata su tali vette e che la causa fosse da ricercare sostanzialmente in una coincidenza fortuita: ovvero quella grazie alla quale quattro giocatori di altissimo livello erano semplicemente nati in Italia più o meno negli stessi anni.

Indagando a fondo la conclusione è che i motivi sono tutt’altro che casuali. L’Italia ha messo in piedi tutte le condizioni per produrre tennisti di altissimo livello senza dipendere dalla casualità o senza aspettare la nascita di un talento generazionale. 

Non è sempre facile stabilire diretti rapporti causa-effetto, tuttavia è possibile intercettare molte delle ragioni che hanno portato a tali risultati. L’estesa riforma del tennis nazionale iniziata proprio 10 – 15 anni fa ha certamente avuto un ruolo molto importante. A questo si aggiunge un determinante cambio di mentalità che ha coinvolto tutti i livelli del tennis italiano.

Da dove viene il tennis italiano

E’ difficile comprendere la reale portata e l’eccezionalità di questo momento storico per chi si è affacciato al tennis solo in tempi recenti. Dagli anni settanta, cioè dalla generazione di Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Adriano Panatta, il tennis maschile italiano non ha avuto, per numerosi decenni, tennisti tra i primi dieci al mondo, e non ci siamo nemmeno andati vicino.

Il punto più basso della storia del tennis maschile italiano è stato probabilmente toccato nel 2000 dove l’Italia retrocedette in Serie B di Coppa Davis, competizione giocata dalle nazionali più forti (il cosiddetto “gruppo mondiale” si contendeva la coppa giocando una specie di “Serie A”, ora la formula della Coppa Davis è cambiata).

Nonostante avessimo storicamente pochissimi tennisti di altissimo livello, gli azzurri del tennis avevano sempre giocato nel “gruppo mondiale” contando specialmente nel doppio, che all’epoca era una specialità particolarmente di peso in Coppa Davis. Retrocedere fu un enorme smacco per tutto il circuito italiano. 

Tuttavia l’umiliazione dette una grossa svegliata alla federazione che capì che era necessario riformare l’intero sistema del tennis italiano.

L’Italia tornò nel “gruppo mondiale” solamente nel 2011 grazie all’ascesa nel circuito mondiale tennistico di Fabio Fognini (oggi 35enne ancora in attività) considerato uno dei tennisti italiani più forti di sempre. I risultati raggiunti da Fognini però sembravano essere un’eccezione dentro un panorama nazionale ancora deludente. Tennisti di buon livello come Andreas Seppi o Filippo Volandri e prima di loro Andrea Gaudenzi o Omar Camporese non sono mai riusciti a raggiungere l’olimpo dei tennisti di altissimo livello e hanno vinto pochissimi tornei.

Attualmente un tennista come Lorenzo Sonego, considerato di livello lievemente inferiore a tennisti azzurri come Sinner, Berrettini e Musetti, che ad oggi occupa il 45esimo posto della classifica mondiale ha vinto tre tornei ATP (il circuito top a livello professionistico) in due anni.

Embed from Getty Images

Inizio della rivoluzione

Laura Golarsa, commentatrice per Sky Sport ed ex tennista italiana ha un’idea piuttosto chiara: “i ragazzi che giocano bene in Italia ci sono sempre stati, solo che prima non c’era un percorso: c’erano i circoli e poi per via diretta la federazione. Quest’ultima investiva su due ragazzi per volta quando avevano 16 anni, ma se sono forti a quell’età poi non è detto che esplodano”. Grazie alla conoscenza degli errori fatti in passato “molti tennisti che avevano smesso di giocare si sono rimessi in gioco come coach piuttosto che come maestri di circolo, per aiutare i giovani a fare un pezzo di percorso che mancava”.

Ti potrebbe interessare: L’intelligenza artificiale sta cambiando lo Sport

La strategia mediatica: SuperTennis TV

Il primo passo fatto dalla federazione fu rivolto al settore mediatico. L’idea era che il tennis italiano fosse poco seguito e non ben raccontato. Nel 2008 la Federazione lanci il suo canale televisivo SuperTennis, tutt’ora in chiaro. 

L’inizio non fu semplicissimo, si trasmettevano praticamente solo repliche e i commenti tecnici venivano fatti da telecronisti non particolarmente esperti. Tanto che la maggior parte degli adetti ai lavori giudicarono l’investimento della federazione un azzardo inutile.

Dopo 14 anni SuperTennis è molto cresciuta: ha acquistato diritti televisivi di importanti tornei mondiali e di fatto ha reso il tennis l’unico sport che è possibile vedere in chiaro anche ad altissimo livello. Su SuperTennis vengono inoltre trasmette tutte le partite degli italiani e italiane e, nel giro di poco tempo, questa strategia è risultata decisiva: ha permesso al pubblico di poter seguire i propri connazionali e di affezionarsi ai giocatori, e di tifarli. Inoltre è l’unico canale in cui poter vedere molti tornei femminili (le televisioni maggiori spesso non acquistano i diritti).

Intorno all’anno 2010 la federazione implementò diverse riforme con l’obiettivo di modificare profondamente il settore giovanile e il canale tv risultò un ottimo megafono per pubblicizzarle e per diffondere il nuovo modo di pensare.

Il Progetto campi veloci

Diversi esperti e dirigenti del tennis italiano sono concordi nel giudicare il “progetto campi veloci” una delle riforme cruciali di questi anni. Nel linguaggio tennistico vengono definiti veloci i campi in cemento, rispetto ai campi lenti della terra rossa. Questa distinzione sta ad indicare la velocità della palla: nei campi di cemento la palla corre più veloce rispetto alla terra rossa dove il gioco è più lento per via del rimbalzo più controllato.

Storicamente nel Bel Paese la stragrande maggioranza dei campi da tennis è (o meglio lo è stato fino al 2010) è in terra rossa. Possiamo considerarla una sorta di tradizione così come avere tennisti italiani più competitivi proprio su questo tipo di superficie. Non è un caso se gli Internazionali d’Italia giocati a Roma si giocano sulla terra rossa. Secondo Laura Galorsa questa caratteristica è dovuta prevalentemente ad una mentalità “da circolo” dove, per venire incontro alle esigenze dei tennisti più anziani, che solitamente preferiscono giocare sul morbido.

Nel tennis professionistico, tuttavia, i tornei principali vengono giocati sul cemento. È sul cemento che si assegnano i punti che servono a scalare le classifiche dei professionisti, pertanto è assolutamente necessario formare i tennisti a giocare su questa superficie fin dalla tenera età. In Italia però praticamente tutti i tornei giovanili si giocavano in terra rossa. 

Roberto Commentucci, ex dirigente della federazione e uno dei maggiori promotori del progetto raccontò: “Osservando i dati relativi alla distribuzione dei tornei organizzati in superficie in ciascun paese, è emerso che un giovane spagnolo durante il suo percorso di crescita gareggiava sui campi veloci tre volte più spesso rispetto ad un giovane italiano”. Furono costruiti più o meno 450 campi veloce nei primi 5 anni di progetto e su questa operazione l’aiuto economico della federazioni verso i circoli fu assolutamente determinante.

Un cambio di mentalità dei maestri di tennis italiani

Sulla scia del cambiamento anche i corsi federali dei maestri subirono un cambio di passo. Il focus ricadde su aspetti di gioco che prima non erano considerati importanti. 

Il commentatore tecnico di Sky Sport ed ex tennista Paolo Bertolucci ha detto: “Prima in Italia si giocava praticamente solo su terra battuta e spesso all’aperto: in tali condizioni il servizio non era così determinante, si allenava soprattutto il rovescio e il dritto”. Ora invece i tennisti italiani sono decisamente più versatili e possiedono un servizio nettamente più solido, un colpo che fa una enorme differenza soprattutto nei campi di cemento. Matteo Berrettini, ad esempio, ha uno dei migliori servizi in circolazione. 

Al “progetto campi veloci” fu affiancata una importante riforme del settore tecnico che 2010 portò alla rifondazione dell’istituto di formazione federale per gli aspiranti maestri di tennis. E’ in questa riforma che furono inseriti corsi più specifici per ogni figura professionale che accompagna l’atleta nel tennis moderno: preparatori fisici, mental coach, fisioterapisti, maestri di tennis e altro.

La riforma della federazione nel 2015

Un altro punto chiave della riforma del tennis italiano fu quando si iniziò a mettere in dubbio il consolidato percorso giovanile che intraprendevano i ragazzi destinati al professionismo. Prima del 2015 la federazione selezionava un paio di giovani che venivano ritenuti i più promettenti e venivano allenati al centro di preparazione olimpica di Tirrenia, in Toscana. centro gestito direttamente da CONI.

Qui i ragazzi arrivavano prima di compiere 16 anni, allontanandosi dalle famiglie e dedicandosi al tennis in maniera esclusiva. Fabio Fognini, ad esempio, ha fatto questo percorso, così come la tennista Camilla Giorgi.

Questa modalità aveva prodotto in passato campioni del tennis come Panatta, Bertolucci e Barazzutti, formati nel centro olimpico di Formia in Lazio, per cui si riteneva che fosse una sorta di “ricetta collaudata” per far emergere campioni. Tuttavia i difetti del metodo erano emersi in modo piuttosto chiaro nei decenni successivi.

Fu chiaro infine che un passaggio così brusco nell’adolescenza nei giovani e promettenti tennisti italiani era troppo duro e pesava non poco sulla loro vita. Il risultato era che erano davvero pochissimi quelli che riuscivano a raggiungere la vetta del professionismo e ad avere una carriera stabile. Molto ragazzi, infatti, finivano per rinunciare. 

Senza considerare che questa metodologia escludeva giovani tennisti che magari sarebbero potuti emergere più tardi. Dello stesso avviso è anche Bertolucci: “Ci sono campioni di Wimbledon Under 18 mai visti nel circuito, figuriamoci a 13 o 14 anni: a quell’età come si fa a capire se un ragazzo ha veramente l’ambizione di diventare famoso e di girare il mondo, se fisicamente è adatto a competere ad alti livelli e se ha la necessaria forza mentale e la fame di vittoria”.

Il tennis è uno sport davvero per pochissimi, come detto solo 200 sono ad alti livelli. Per restare lì è necessario possedere un mix di doti fisiche, tecniche, atletiche e una grande forza mentale. Per questo l’obiettivo della federazione è scovare quanti più giocatori “medi” possibili: “A 12-14 anni io non voglio uno forte, ne voglio sei discreti: tra di oloro è più probabile che ce ne sia uno con più voglia degli altri e che possa diventare un giocatore forte”.

Lo sforzo intrapreso dalla federazione fu quello di incrementare in modo capillare la sua presenza in tutto il territorio nazionale, con l’inaugurazione di decine di centri intermedi i quali potevano essere frequentati sin da bambino:

  • I centri di aggregazione provinciale (CAP) dagli 8 ai 10 anni
  • I centri periferici di allenamento (CPA) dagli 11 ai 15 anni
  • I centri tecnici periferici (CTP) dai 16 anni in su

Nei CTP è possibile risiedere in pianta stabile e avere l’affiancamento di tecnici federali. A Tirrenia oggi si arriva avendo almeno 17 anni, ma oramai non è più un passaggio fondamentale nella preparazione fisica e tecnica dei giovani tennisti italiani.

Embed from Getty Images

La nuova organizzazione della federazione

Il nuovo sistema funziona più o meno così: la federazione ha osservatori in tutte le province che girano i circoli e segnalano i migliori giovani. Questi ultimi vengono invitati a partecipare a raduni periodici che si tengono nei centri intermedi. I ragazzi vengono accompagnati spesso dai loro allenatori e si inseriscono gradualmente nell’ambiente federale senza inutili forzature, ma incoraggiando i giovani a conoscersi e a fare amicizia.  La federazione in questo modo ha la possibilità di seguirli più da vicino e soprattutto a venire incontro alle esigenze dei giovani tennisti, mantenendo stretti rapporti con i loro allenatori. Inoltre quando crescono la federazione mette a disposizione figure professionali che altrimenti non avrebbero potuto permettersi. Questi passaggi intermedi garantiscono una selezione naturale delle nuove generazioni di tennisti in modo fluido, naturale e con un percorso di accompagnamento adeguato ai contesti e alle età.

Tutto questo ha avuto un risultato immediatamente tangibile: si stima che ad oggi i tesserati tra i giovani dai 16 ai 18 anni sia almeno il triplo rispetto al 2005-2006. Con tali numeri la probabilità che emerga un talento aumenta sensibilmente.

Il Progetto over 18

Qualche anno più tardi venne inaugurata una nuova iniziativa che prese il nome in “progetto over 18” con l’obiettivo di sostenere i ragazzi più grandi nel delicato passaggio dalle giovanili al professionismo.

Qualche tempo fa a 18 anni si era considerati dei tennisti pronti e lasciati sotto la responsabilità ai team per tentare di entrare nel circuito. Tuttavia per diventare professionisti bisogna spendere moti soldi per trasferte, rinunciare a molti svaghi tipici di quell’età e fare i conti con molte sconfitte. La federazione con il “progetto over 18” segue più da vicino i ragazzi e i loro team, finanziando le trasferte più costose e aiutandoli nella programmazione.

Probabilmente non è una coincidenza che i primi due giovani inseriti in questo progetto siano stati Sonego e Berrettini. Entrambi cresciuti insieme ed entrati fra i primi 100 al mondo con calma e senza fretta, rispettivamente a 24 e a 22 anni. 

Con il vecchio sistema un tennista come Matteo Berrettini sarebbe stato molto complicato emergere in quanto a 16 anni Matteo aveva un ranking piuttosto basso per un aspirante professionista. 

Circa la crescita di Berrettini e Sonego, Roberto Commentucci, durante un’intervista ha raccontato: “Tempo fa li mandammo a fare una tournèe di Challanger in Asia, sul cemento, in Cina: spendemmo un sacco di soldi, entrambi vinsero poche partite e fecero pochi punti, però fecero esperienze molto importanti”. Il Challanger è una categoria sotto l’ATP, che è invece il circuito principale ed è molto importante in quanto aiuta ad avere un approccio graduale al professionismo perché ti consente di affrontare avversari internazionali e iniziare a guadagnare i primi punti in classifica.

Embed from Getty Images

L’Italia al centro del tennis mondiale

Non è un caso che l’Italia è la nazione in cui si organizzano più tornei di Challanger al mondo: ben 28, rispetto ai 21 degli USA, i 18 della Francia e i 12 della Spagna. Organizzare i Challenger in casa può fare una certa differenza perché rende possibile affrontare sfide internazionali senza dover affrontare trasferte onerose rimanendo vicini alla propria casa e alle proprie famiglie.

Se i Challanger hanno l’utilità principale nel far crescere i giovani talenti, i grandi eventi avvicinano i tifosi e incentiva indirettamente nuove generazioni ad avvicinarsi al tennis. L’Italia anche sotto questo aspetto è in prima linea: negli ultimi anni si è aggiudicata importanti bandi per ospitare diversi tornei fra i più prestigiosi come la Next Gen ATP Finals e le ATP Finals, quest’ultimo considerato un torneo elitario dove si affrontano i migliori 8 tennisti al mondo e che se terrà a Torino fino al 2025.

L’ultima edizione delle ATP Finals, svoltasi a Torino a metà novembre, non aveva nessun italiano. Leggendo i titoli dei giornali questa rappresentava una notizia piuttosto importante e inaspettata, a dimostrazione del fatto che le aspettative verso i tennisti italiani sono diventate sempre più alte negli ultimi anni (ricordiamoci che prima della partecipazione di Berrettini nel 2019 l’ultimo tennista azzurro vi ha partecipato nel 1978).

Embed from Getty Images

L’effetto traino

Molti analisi e commentatori ritengono che questa ambizione del tennis maschile sia dovuta in parte a tennis femminile che nel decennio precedente aveva ottenuto due notevoli vittorie negli slam in singolare con Francesca Schiavone nel 2010 e con Flavia Pennetta nel 2015, oltre a svariate finali con altre tenniste. 

Quello che molti definiscono “effetto traino” è un elemento di non poco conto che aiuta a spiegare la crescita esponenziale del tennis nostrano. “Se arriva un Berrettini che va in finale a Wimbledon, quello che a tutti noi sembrava impossibile, improvvisamente diventa possibile”, dice Golarsa. 

Tutti gli investimenti che la federazione sostiene sono considerati a fondo perduto ad una sola condizione: che una volta cresciuti i tennisti italiani non rifiutino le convocazioni in Coppa Davis.

Quest’ultima, vinta dagli azzurri una sola volta nella storia nel 1976 è una competizione che la federazione ha più volte dimostrato di tenerci molto. Il Presidente Angelo Binaghi, in una intervista recente ha dichiarato di aspettarsi la vittoria entro 4 o 5 anni.

Sei un Tennis Club?

come si gioca a padel

Come si gioca a Padel?

Regole, punteggi, chi vince e in generale tutto quello che c’è da sapere sullo sport più in crescita in Italia. Scopriamo come si gioca a padel.

come si gioca a padel
Come si gioca a padel – Wansport Blog

Il padel è uno sport che sta registrando una grossa espansione un po’ dappertutto, ne abbiamo parlato qui. E’ ormai conclamato che il padel sia uno sport sano che aiuta a migliorare sia la forma fisica che quella mentale. Favorisce, inoltre, la socializzazione e gli incontri con persone che nutrono le stesse passioni. L’approccio al padel risulta per diversi motivi essere piuttosto facile: basta un giusto abbigliamento nemmeno troppo impegnativo, e una racchetta da padel che meglio possa adattarsi al proprio livello e al proprio stile di gioco. 

Dopo aver prenotato e pagato un campo di padel qualcuno potrebbe chiedersi: “ma come si gioca a padel? Come vinco?”. Proviamo a rispondere!

Iniziamo col dire che le regole del padel sono state definite dall’IPF (Federazione Internazionale del Paddle) e valgono sia per le donne che per gli uomini.

come si gioca a padel
il campo di padel

Dimensioni, superficie e accessi dei campi di padel

Il campo di padel internamente è un rettangolo di 10 metri di larghezza e 20 metri di lunghezza con una tolleranza dello 0,5%. Al pari di un campo da tennis deve essere diviso perfettamente a metà da una rete. Parallela alla rete sono tracciate le linee di battuta. La rete di un campo da padel è lunga circa 10 metri ed è alta 88cm al centro mentre nelle estremità è lievemente più alto (circa 92cm). Le linee del campo (solitamente bianche) devono essere larghe 5cm. Tutto il campo è recintato.

Il campo di padel può essere di svariati materiali (cemento, materiale sintetico, erba artificiale, conglomerato poroso ecc.) purché sia garantito un rimbalzo regolare della palla. Per quanto riguarda il colore, il campo può essere di terracotta, verde o azzurro nei campi outdoor, per i campi indoor è prevista anche la possibilità che il campo sia nero. Ciascuno dei lati prevede 2 accessi simmetrici larghi almeno 2 metri e non devono esserci impedimenti fisici.

come si gioca a padel
palla e racchetta di padel

Palla, racchetta e abbigliamento da padel

La palla da padel è una sfera di gomma con un diametro che può variare da 6,35cm fino a 6,77 cm con un peso che va da 56 fino a 59,4 grammi. Una palla da padel omologata ottiene un rimbalzo compreso tra 1,35 e 1,45 metri se lasciata cadere da 2,54 metri. 

La scelta della racchetta è importante e deve riflettere sia il proprio stile di gioco sia il proprio livello. Naturalmente una racchetta da padel deve quantomeno essere composta da testa e manico il quale dovrà avere una larghezza e uno spessore di 5cm. Per ciò che concerne la testa della racchetta può essere di dimensione variabile ma che, sommata al manico, non può superare i 45,5cm di lunghezza, mentre in larghezza non è possibile andare oltre i 26cm e, infine, lo spessore non dovrà superare i 3,8cm. A completare il tutto, la racchetta da padel deve essere dotata di una corda (o di un cavo l’importante è che non sia elastico) che serve per tenerla unita per sicurezza al polso in modo da evitare possibili incidenti.

Per l’abbigliamento e calzature si prevede che siano adeguate allo sport che si sta praticando. Non si possono usare magliette senza maniche o costumi da bagno. Nel padel a squadre è opportuno (anche se non è una regola, piuttosto una consuetudine) che i giocatori indossino lo stesso abbigliamento.

Ti potrebbe interessare: La storia del Padel: come nasce questo sport

le regole del padel
Impariamo le regole del padel

Entriamo in partita: come si gioca a padel e quanto dura un match

Bene, ora che abbiamo capito come deve essere fatto un campo da padel, come deve essere la racchetta e la palla e come bisogna vestirsi, arriviamo al fulcro della questione: come si vince a padel?

Oltre che con costanza e allenamento, per vincere a padel è necessario conoscere le regole a fondo così da evitare di commettere banali errori che precludono sia la vittoria che il divertimento.

La battuta

Per imparare come si gioca a padel, non possiamo non iniziare da qui. Se sbagli la battuta, come nel tennis, hai a disposizione una seconda occasione. Per effettuare correttamente la battuta, il battitore dovrà:

  • Avere entrambi i piedi dentro la linea di battuta, mantenendo tale posizione fin quando la palla non viene colpita
  • Far rimbalzare la palla nell’area di battuta in cui si trova
  • Mai toccare con i piedi la linea di battuta nemmeno superandola con i piedi alzati
  • Quando si colpisce la palla, questa deve stare massimo all’altezza della cintura e il battitore dovrà mantenere almeno un piede per terra
  • Lanciare la palla dall’altra parte del campo e sopra la rete nel riquadro di battuta opposto diagonalmente al suo facendo il modo che essa dentro le linee che la delimitano
  • Non battere se il ricevitore non è pronto a rispondere

E’ fallo se:

  • Il battitore non colpisce la palla
  • Se la palla cade fuori dal campo di battuta del ricevitore
  • La palla colpisce il battitore o il suo compagno in caso di doppio
  • La palla colpisce la recinzione direttamente già al secondo rimbalzo
  • La palla esce dal campo dopo il primo rimbalzo (dagli ingressi, per esempio)

Come ribattere

  • Il battitore non colpisce la palla
  • Se la palla cade fuori dal campo di battuta del ricevitore
  • La palla colpisce il battitore o il suo compagno in caso di doppio
  • La palla colpisce la recinzione direttamente già al secondo rimbalzo
  • La palla esce dal campo dopo il primo ribalzo (dagli ingressi, per esempio)

Quando si assegna un punto nel padel

Ora che è chiara la regola della battuta e della ribattuta scopriamo come si fa un punto nel padel. Per prima cosa dobbiamo ricordare che:

  • La palla battuta deve rimbalzare nel campo avversario oppure toccare dopo il primo rimbalzo una delle pareti nel campo opposto
  • La palla non può essere colpita simultaneamente da 2 giocatori né essere toccata per 2 volte durante la risposta
  • La palla non può essere giocata con il corpo ma solo con la racchetta e non può colpire altri oggetti se non campo e pareti

Per cui si assegna un punto quando:

  • La palla colpisce direttamente le pareti del campo avversario prima di rimbalzare sul campo
  • La palla rimbalza due volte sulla superficie

I giocatori sono autorizzati ad uscire dal campo attraverso le uscite laterali per colpire la palla (se quest’ultima non ha già compiuto 2 rimbalzi).

Si perde il punto se:

  • La palla rimbalza due volte sul campo senza che venga respinta prima
  • Un giocatore colpisce la palla senza che essa abbia superato la rete
  • Un giocatore colpisce la palla e questa tocca per primo il pavimento o la copertura del suo campo
  • Entrambi i giocatori colpiscono contemporaneamente o consecutivamente la palla
  • Un giocatore tocca la palla più di una volta nella risposta
  • La palla tocca il giocatore e non la racchetta
  • La palla colpisce direttamente una qualsiasi superficie diversa dal campo contrario (pavimento)
il punteggio nel padel
Il punteggio nel padel

Il punteggio

Ora che abbiamo capito come si assegnano i punti, vediamo quanto dura più o meno una partita di padel. Sulla conta dei punti valgono le regole del tennis. Si parte da “0” e il primo punto è “15”, poi “30”, “40” e infine totalizzando quattro punti si vince il game (il gioco). Se entrambi sono arrivati a 40, il punto successivo è chiamato “vantaggio” e per vincere il gioco bisogna aggiudicarsi anche il punto seguente, in caso contrario si ritorna in parità sul 40-40. Come nel tennis, per vincere il gioco è necessario avere 2 punti di scarto dall’avversario.

Chi si aggiudica i primi 6 giochi vince il set, se l’avversario arriva a 5 giochi vinti bisogna batterlo totalizzando un punteggio di 7 a 5 (2 giochi di scarto), in caso di parità 6 a 6 si passa al “tie break” che viene vinto da chi arriva per primo a 7 punti. Gli incontri di padel si giocano al meglio di 3 set, per vincere è necessario aggiudicarsi 2 set.

Come nel tennis, non esiste una durata fissa nel padel (anche se nei tornei ufficiali di padel, per velocizzare, ci sono alcune regole fisse sui tempi tra un gioco o un set).

Sei un centro padel?

domotica centri sportivi

Domotica: una soluzione high tech per ridurre i consumi

L’aumento fuori scala dei costi dell’energia sta mettendo in difficoltà diversi settori. La domotica diventa un grande alleato per ridurre i consumi e continuare a fornire un servizio di qualità ai propri clienti. Scopriamo come.

In questo momento storico stiamo assistendo ad aumento fuori scala dei costi dell’energia. Non sappiamo quanto durerà ma possiamo già fare un bilancio sull’impatto che questo fenomeno sta avendo nelle aziende. 

Palestre e centri sportivi in particolare, hanno visto lievitare i costi tanto da essere costretti a fare una scelta tra ridurre la marginalità del proprio business o alzare i prezzi per contenere l’aumento dei costi di gestione. Tale scelta non è certamente facile da prendere, stiamo sperando tutti che le cose possano migliorare.

domotica
Cos’è la domotica? – Wansport Blog

Cos’è la domotica

In questo scenario la tecnologia può darci una mano. Se qualche tempo fa il controllo energetico degli impianti elettrici rappresentava un plus di pochi centri sportivi o palestre, ora possiamo ritenerlo un must be.

Per gestire e ottimizzare i consumi uno strumento molto importante è rappresentato dalla domotica

Per domotica (parola che unisce il termine domus che in latino significa casa e il suffiso ticos che in greco indica le discipline di applicazione) si intende lo studio delle tecnologie adatte a migliorare la qualità della vita negli ambienti. È una disciplina fortemente interdisciplinare che richiede l’apporto di diverse tecnologie quali ingegneria, architettura, automazione, telecomunicazione, informatica, design ecc.

Ti potrebbe interessare: Strategie vincenti per aumentare l’affluenza nel tuo club

Tecnologia semplice ed efficace per ridurre l’impatto ambientale

Avere il controllo degli accessi, insieme alla possibilità di regolare in modo automatico l’accensione e lo spegnimento programmato dei riflettori o dell’impianto di riscaldamento permette di ottimizzare i costi in modo semplice e funzionale

Pochi e semplici passaggi direttamente da un pc, un tablet o uno smartphone permetteranno di gestire tutto il centro con una unica soluzione centralizzata, decidere quali luci o impianti accendere e per quanto tempo, evitando sprechi di energia e ottimizzando i costi.

domotica e sostenibilità ambientale
La domotica per un occhio attento alla sostenibilità ambientale – Wansport Blog

Wansport domotica: la soluzione che stavi cercando

Wansport offre un’unica soluzione gestionale per pilotare gli impianti e avere la certezza degli accessi al club.

Grazie al controllo domotico utenze quali illuminazione o riscaldamento possono essere azionate automaticamente dal sistema in presenza di una prenotazione già programmata, evitando di fatto sprechi e riducendo sensibilmente i costi dell’energia. 

Grazie all’utilizzo dei processori domotici, possiamo controllare qualunque apparecchiatura elettrica all’interno della struttura. 

Con Wansport è possibile, inoltre, combinare l’utilizzo di tornelli, barriere e lettori di tessere per consentire l’accesso ai clienti nelle varie aree del club. 

Inoltre la domotica Wansport garantisce la piena funzionalità anche in caso di una temporanea mancanza di connessione ad Internet utilizzando server installati direttamente presso la sede del club così da garantire autonomia e continuità del servizio.

Vuoi saperne di più sulla Domotica Wansport?

Richiedi ORA la tua DEMO GRATUITA

    Come hai conosciuto Wansport?

    Mi interessa usare Wansport soprattutto per:

    Acconsento al trattamento dei miei dati personali per l'invio di newsletter, comunicazioni informative e promozionali da parte di Wansport in relazione alle iniziative proprie e/o di Partner secondo quanto espresso nell'informativa

    Dichiaro di aver letto l’informativa sulla Privacy e acconsento al trattamento dei miei dati personali per le finalità di erogazione del servizio

    wansport

    Nuova App Wansport: ecco le principali novità

    Vi presentiamo la nuova App di Wansport: tutte le principali novità che troverai nella nuova versione

     Il momento è finalmente arrivato: dopo mesi di progettazione, test, lavoro, fatica, tentativi, test, passi in avanti, passi indietro, colpi di genio, test, meeting interminabili, test, focus group, test, test ancora e ancora test, la nuova App di Wansport sta diventando realtà. E qui è davvero difficile trattenere l’emozione.

    “Crediamo di aver superato noi stessi” dice Michele Granieri – CEO di Wansport, “abbiamo ridisegnato la user interface per offrire all’utente un’esperienza di utilizzo non solo gradevole agli occhi ma funzionale e coinvolgente. Abbiamo preso i bisogni degli utenti e li abbiamo messi tutti sul tavolo: il risultato è una nuova esperienza!”

    Insomma…potremmo definire la nuova App di Wansport in mille modi, ma crediamo che il più calzante sia solo uno: una figata.

    Nuova App Wansport: Una nuova esperienza.


    Nuova Dashboard

    Ci siamo rifatti il look. E siamo ancora più belli.

    Organizza, prenota e accedi facilmente alle tue attività sportive. Resta connesso al Club ed interagisci con semplicità con altri giocatori.


    Voglio Giocare

    … e fallo sapere ai tuoi amici.

    Con la nuova App di Wansport sarà semplicissimo organizzare una partita o una attività sportiva.

    Ti basterà indicare quando e quale sport vuoi praticare ed entrerai facilmente in contatto con gli altri giocatori con la tua stessa disponibilità.

    Tutto in tempo reale.


    Organizza

    Crea partite e invita chi vuoi. Ti basta un click.

    Invita i tuoi amici più stretti o cerca giocatori del tuo stesso livello e raccogli le loro disponibilità. Definisci il livello, il genere, la fascia d’età e quando ci sono tutti la partita si prenota automaticamente.


    Invita

    Coinvolgi i tuoi compagni di gioco e… let’s play together!

    Da ora potrai visualizzare

    • Giocatori disponibili in giornata
    • Persone con cui giochi spesso
    • Gruppi di amici per inviti massivi
    • Giocatori affini al tuo livello
    • Persone disponibili nell’orario indicato

    Trovare giocatori last minute? Ora si può

    Offri una partita a chi vuole giocare con te, e se già presente al Club ti basterà far inquadrare il QR Code della prenotazione e il gioco è fatto!


    Ricerca dei giocatori

    Wansport ora è più social che mai.

    Raccogli le adesioni condividendo le tue partite sui social come Whatsapp e Telegram

    E non solo…! Puoi invitare massivamente altri nuovi giocatori con filtri mirati a tua disposizione.


    Chat su attività

    Un nuovo modo di comunicare diretto tra i partecipanti.

    Le persone coinvolte nella partita o in una lezione di gruppo possono ora chattare tra loro direttamente in App.

    Coordinarsi diventa facile e senza sprechi di tempo, tutto in diretta.


    Partite pubbliche visibili a tutti

    Partite pubbliche visibili a tutti

    Opportunità immediata di fare sport e nuove conoscenze.

    Ora è possibile creare un evento e renderlo aperto a tutti coloro che vogliono partecipare.

    Consulta le partite create dagli altri e proponiti oppure aggiungiti direttamente.

    “Hey, e come la mettiamo con la privacy?”

    Tranquillo! Se cambi idea puoi sempre rendere privata la tua partita.


    Livelli di gioco

    Perché una partita avvincente ha bisogno dei giocatori giusti.

    Crea il tuo profilo e fai valutare il tuo livello da un istruttore del Club.

    Se abilitato puoi anche fare una auto valutazione seguendo le istruzioni fornite nel sistema di rating.


    Sfide e Classifiche

    Per dimostrare chi è il migliore.

    Vivi una sana competizione sportiva sfidando gli altri giocatori in classifica.

    Wansport valuta Il tuo livello di “Power” per assegnare il punteggio di ogni partita competitiva.

    Il sistema ti premierà distribuendo più punti se lanci la sfida a giocatori sulla carta più forti di te.

    Non ti resta che scalare la classifica e diventare una leggenda nel tuo Club 🙂


    Amici e Gruppi

    Per fare sport. Insieme.

    la nuova App di Wansport ti permetterà di creare i tuoi gruppi di amici e compagni di gioco preferiti così da poter inviare e ricevere proposte di gioco.

    Tieniti in contatto e organizza nuove e appassionanti sfide!


    Non ti resta che scaricare l’App e vivere una nuova esperienza di sport.

    Sei un centro sportivo?

    marketing sportivo

    Il marketing sportivo: 5 consigli utili

    In questo articolo parliamo dell’importanza di avere una strategia di comunicazione e di alcune tecniche di marketing per aumentare i clienti. 5 consigli utili per il tuo marketing sportivo.

    Il marketing sportivo, 5 consigli utili – Wansport Blog

    Negli ultimi anni in Italia e non solo stiamo assistendo ad un cambiamento importante per quanto riguarda lo stile di vita delle persone. Sempre di più, infatti, dedicano una maggiore cura per il proprio corpo e in generale a se stessi e alla propria salute

    Ed è per questo motivo che palestre e centri sportivi in generale sono diventati luoghi sempre più frequentati da più o meno tutte le fasce d’età. La tendenza generalizzata è una maggior frequentazione delle palestre e centri sportivi, combinata con esercizi fisici fatti a casa e una cura più attenta verso l’alimentazione e al benessere. 

    Ragion per cui la scelta di una palestra e di un centro sportivo è diventata molto più importante che in passato in quanto il cliente ricerca i centri in cui può essere seguito con maggiore attenzione e in modo professionale, oltre ad essere dei centri di socializzazione che contribuiscono al benessere generale.

    Per questo motivo avere buone strutture e buoni maestri rappresenta solo una parte del lavoro. Promuovere al meglio la propria attività attraverso una efficace strategia di comunicazione può rappresentare il successo della tua attività. 

    Vediamo, senza perdersi in troppi giri di parole, quali sono le cose da sapere e da fare per avere una strategia di marketing vincente. Per te 5 consigli utili:

    1. Nome e identità visiva

    La scelta del nome giusto è fondamentale. Il nome di un centro sportivo è già veicolo di un messaggio chiaro che immediatamente trasmette un messaggio stimolante verso chi legge o ascolta. Il nome da solo può già “scatenare un emozione” e contribuisce immediatamente a selezionare il proprio target di riferimento. 

    Il nome di un centro fa visualizzare nella mente dei clienti dei concetti e delle idee specifiche, fornisce già un’idea identitaria molto forte, contribuendo a formare la personalità del club

    Al nome va associato un logo, dei caratteri, delle foto, immagini, simboli e tutto quello che contribuisce a creare una identità visiva della palestra o del centro sportivo. Abbiate cura di usare questi strumenti in modo coerente con l’idea e il posizionamento che volete dare. 

    Esempio: se la tua palestra vuol essere un luogo di socializzazione in cui passare del tempo per restare in forma aiutando i vostri clienti a sposare uno stile di vita sano per stare bene con sé stessi, tappezzare le pareti con dei poster di culturisti o atleti immortalati nel loro massimo sforzo fisico risulterebbe spiazzante. Tutto deve invece parlare la stessa lingua e risultare armonico e coerente con l’immagine che volete trasmettere.

    Ti potrebbe interessare: Il sito web non va sottovalutato

    2. Fate attenzione al “tone of voice”

    Il concetto legato alla coerenza di comunicazione all’interno del proprio centro sportivo vale allo stesso modo quando si comunica all’esterno la propria offerta, i propri servizi e tutto il resto. Il tone of voice è esattamente il tono di voce che si vuole dare alla comunicazione su come informare il proprio pubblico, sul linguaggio da usare, sulle espressioni semantiche e linguistiche che si vogliono adottare. Saper parlare la lingua del proprio target è davvero un elemento fondamentale che contribuisce a cambiare completamente il risultato finale. 

    Beccare un giusto tone of voice significa entrare di prepotenza nella mente dei vostri potenziali clienti, “umanizza” il centro e dà la sensazione di aver trovato il posto giusto. 

    Naturalmente il tone of voice non è universale, non va bene per tutti i profili, ed è per questo che il terzo consiglio è importantissimo:

    3. Conoscere il proprio target

    Chi è il vostro pubblico? Quanti anni ha? Sono giovani professionisti, donne con figli? Quali sono le loro aspettative? Qual è il bisogno principale che li spinge ad iscriversi o frequentare il centro sportivo? Più riuscirete ad essere precisi nell’identificazione del target obiettivo, più i vostri messaggi saranno mirati e studiato al meglio. La definizione del giusto target vi aiuterà a trovare il giusto stile, il giusto linguaggio per comunicare al meglio i servizi che avete da offrire. Più conoscerete il vostro target, più il tono sarà sintonizzato al meglio, più riuscirete a cogliere le loro esigenze e più sarete avvantaggiati nel proporre loro contenuti e promozioni commerciali più efficaci.

    Conoscere bene il target vi permette di “colpirlo” con maggiore efficacia – Wansport Blog

    4. Fate emergere i vostri valori, la vostra mission

    Tutti gli sforzi comunicativi dovranno convergere verso un unico punto: parlare dei vostri valori, della vostra mission: Qual è il vostro obiettivo? Come pensate di raggiungerlo? Con quali strumenti e azioni? Fate emergere chiaramente i vostri valori, il tal modo stimolerete il pubblico più affine che vi selezionerà proprio in base a questo. Ogni video, immagine, post ecc. dovranno parlare una sola lingua: la vostra. Fate uscire la vostra vera essenza, la vostra passione per quello che fate. Essere riconoscibili aumenta l’impatto sociale e, di conseguenza, l’impatto commerciale e il conseguente ritorno economico.

    Guardate negli occhi i vostri obiettivi – Wansport Blog

    5. Semplificate la vita a voi e ai vostri clienti con la tecnologia

    Dotate il vostro centro di un software gestionale di ultima generazione in grado di semplificare enormemente le funzioni amministrative e fornendo ai vostri clienti un semplice accesso ai servizi di prenotazione. Un software unico in grado di: 

    • Gestire le anagrafiche e i pagamenti
    • Prenotazioni ai corsi o alle lezioni
    • Le comunicazioni
    • La contabilità
    • Le statistiche e i trend
    • La domotica e il controllo accessi

    Insomma, un potente strumento tecnologico all-in-one che vi consente di incrementare i ricavi, ridurre i costi e coinvolgere facilmente tutta la vostra utenza con la massima efficienza e semplicità. 

    Dotarsi di uno strumento così potente può fare davvero la differenza in termini di immagine e di servizi offerti, oltre ad ingaggiare un partner perfetto per la vostra attività. 

    padel

    La storia del Padel: come nasce questo sport

    Scopriamo il Padel, come è nato e si è sviluppato e il perchè del grande successo che sta raccogliendo negli ultimi anni.

    Il Padel, oppure più opportunamente “Paddle tennis” è una disciplina sportiva con grosse analogie con il tennis (dal quale prende fortemente ispirazione). E’ giocabile da due squadre composte da due elementi in un campo chiuso e delimitato ai lati.Il padel è nato in un modo del tutto casuale proponendosi principalmente come uno sport senza impegno e amatoriale. Negli ultimi anni ha avuto una crescita esponenziale in tutto il mondo sia nella diffusione sia agonisticamente.

    Dove nasce il Padel

    Il padel nasce intorno agli anni 70 e in modo del tutto casuale quando il messicano Enrique Corcuera stava cercando di ricavare uno spazio in casa sua per costruire un campo da tennis.

    Il primo campo di Padel di Corcuera

    Trattandosi però di uno spazio limitato Enrique non poté costruire un campo regolamentare, per cui si accontentò di una superficie più piccola delimitata da murature e reti metalliche (che impedivano alla palla di uscire al campo).

    Senza rendersene conto aveva inventato il Padel.

    Il Padel in Italia

    Il Paddle viene considerato come un gioco che riesce facilmente a divertire e allo stesso tempo unire e aggregare le persone come pochi altri sport. E’ giocabile in coppia per cui riesce a far stare in una superficie relativamente piccola 4 persone. Inoltre è un gioco molto fruibile e, rispetto al tennis, richiede molto meno abilità tecnica per cui risulta essere alla portata di tutti.

    Fondata da un gruppo di appassionati, agli inizi del 1991 nasce la Federazione Italiana Gioco Paddle. L’intento è quello di diffondere e promuovere il gioco in tutta la penisola. Successivamente il C.O.N.I. sposò la causa dotandolo dei suoi regolamenti ufficiali.

    Il Padel fu presentato ufficialmente a Bologna nel 1991, nell’ambito dello Sport Show. Alla Fiera di Bologna fu realizzato un campo dove furono svolte alcune partite di squadre spagnole, argentine e italiane. Fu subito successo, il pubblico apprezzo soprattutto l’immediatezza e semplicità di questo nuovo sport.

    L’evoluzione del Padel e la sua rapida diffusione

    Sempre nel 1991 l’Italia partecipò ai Campionati Assoluti di Barcellona, Gianluca Baldi, tesserato per l’Associazione Sportiva Bologna Paddle, fu il primo campione italiano.

    Al Mondiale di Spagna ’92 la nazionale maschile ottenendo l’ottavo posto mentre nel campionato successivo in Argentina l’Italia si piazzò al nono posto.

    L’anno della svolta fu il 2001, quando diventammo vice campioni d’Europa.

    Ti potrebbe interessare: Ora il padel se la gioca con il tennis

    La diffusione del Padel oggi

    Nel 2008 il padel ottenne il definitivo riconoscimento da parte del C.O.N.I. che lo inserisce ufficialmente nella Federazione Italiana Tennis.

    Attualmente il Padel è molto ben visto soprattutto da ex calciatori di Serie A quali Francesco Totti, Candela o Antonio Cassano (solo per citarne alcuni) che hanno contribuito a diffondere questo sport. Iniziative quali il Gillette Padel Vip Club (un torneo misto amatoriale dove partecipano molte coppie VIP), insieme alla cassa di risonanza rappresentato dai social network, lo hanno definitivamente consacrato come uno sport popolare largamente diffuso.